Dai pascoli alle nostre tavole, il formaggio è uno di quegli alimenti che accompagnano ogni occasione conviviale e che possono prestarsi a fantasiosi abbinamenti: non solo a tocchetti o grattugiato sulla pasta, ma anche accompagnato da miele e confetture, questo pregiato alimento non smette mai di stupire.
Come conservare il formaggio in modo da averlo sempre pronto da gustare?
Tipi di formaggio: stagionato o morbido?
Per prima cosa, è bene sapere che esiste una enorme varietà di formaggi, e la loro conservazione dipende dalle caratteristiche di ogni tipologia.
Anche i modi di classificare i formaggi, che ci possono aiutare a fare chiarezza, sono diversi e legati ai seguenti parametri:
- Tipo di latte: in base al quale ci sono formaggi vaccini, caprini, bufalini, pecorini o misti; è anche importante distinguere se il formaggio sia fatto da latte pastorizzato (portato a 72°C per 15 secondi) o da latte crudo (portato massimo a 38°C);
- Tempo di stagionatura: che determina formaggi freschi, a stagionatura media o a stagionatura lunga;
- Tipo di pasta: di consistenza molle, dura o semidura; in questo parametro rientra anche la lavorazione della pasta (che può essere erborinata, filata, pressata o fusa) e la temperatura della pasta (che può essere cotta, semicotta o cruda);
- Tipo di crosta: che può essere fiorita o lavata;
- Quantità di grassi: per cui si distinguono formaggi grassi (che contengono più del 42% di grassi), semigrassi (tra 35% e 42% di grassi), leggeri (tra 20% e 35% di grassi), magri (con meno del 20% di grassi).
Temperature e contenitori ideali per diversi tipi di formaggio
Data la varietà di questi prodotti caseari, i metodi di conservazione non sono gli stessi per tutti e dipendono dalla stagionatura, dalla quantità di acqua, dal formato (se forme intere o parti tagliate).
I principali luoghi per conservare il formaggio sono:
- In cantina, specie se per forme intere di formaggi a stagionatura media e lunga, con temperature non superiori a 18°C: le forme dureranno molto a lungo, anche anni, e continuerà il processo di stagionatura;
- In frigorifero: i formaggi freschi vanno negli scomparti più bassi e freddi, tra i 2°C e i 4°C e vanno consumati in qualche giorno; quelli stagionati vanno negli scomparti più alti e meno freddi, a circa 10°C, e hanno una durata maggiore;
E come tipi di incarto i più consigliati sono:
- Carta oleata, carta forno o, meglio ancora, carta alimentare, che va cambiata ogni volta che si consuma il formaggio;
- Sottovuoto, soprattutto per i formaggi a pasta dura e semidura che in questo modo durano diverse settimane;
- Panno di cotone o lino leggermente umidi per alcuni formaggi stagionati;
- Alluminio o carta stagnola, ma solo per la parte tagliata dei formaggi semiduri;
- Contenitori specifici che permettono anche una buona ossigenazione, purché in ogni contenitore sia inserito un solo tipo di formaggio;
- Congelare il formaggio è invece sconsigliato se non si vogliono alterare le sue proprietà sensoriali.
Quali formaggi vanno conservati in frigo?
La conservazione in frigo, la più diffusa nelle nostre case, è obbligatoria per i formaggi molli e freschi, dagli spalmabili, alla mozzarella, alla ricotta; essa è fortemente consigliata anche per i formaggi stagionati o semi stagionati in formati che non siano l’intera forma, quindi quando sono tagliati e rivenduti in singoli pezzi, come la punta di parmigiano.
Una regola aurea valida per tutti i tipi di formaggio conservati in frigo è quella di evitare continui e frequenti sbalzi di temperatura, che rischiano di alterare le loro qualità sensoriali.
Un’altra pratica diffusa è quella di conservare i formaggi in frigo avvolti in pellicola trasparente: in verità, se protratto nel tempo questo metodo di conservazione diventa un errore, poiché la pellicola trattiene troppa umidità rispetto alle esigenze del formaggio, aumentando così la possibilità di formazione di muffa anzitempo; inoltre, alla lunga il formaggio rischia assorbirebbe il suo sapore di plastica, cosa non particolarmente piacevole al gusto.
Segnali di un formaggio andato a male
I formaggi sono soggetti a un deterioramento più o meno rapido, e anche in questo caso i tempi cambiano a seconda della tipologia considerata: infatti, la rapidità di deterioramento dipende soprattutto dalla quantità d’acqua nel prodotto e dalla stagionatura.
Segnali di un formaggio andato a male sono, naturalmente, gli odori forti e sgradevoli: ammoniaca, marcio, latte andato a male sono segnali olfattivi ben eloquenti.
Anche il colore, se alterato nel tempo, è un campanello d’allarme, specie nei formaggi a pasta molle.
Infine, se il formaggio è diventato troppo acquoso o presenta delle macchioline che prima non c’erano probabilmente è affetto da muffe.
Proprio la muffa è la principale causa di deterioramento del formaggio. Per valutare correttamente un formaggio con la muffa bisogna tuttavia distinguere due casi limite:
- Nei formaggi stagionati, basterà grattare via la muffa con una spazzola dura, una spugna abrasiva o un coltello: in questi formaggi la muffa non riesce a penetrare velocemente e a fondo, quindi sarà concentrata nel punto in cui la vedete.
- Discorso diametralmente opposto per i formaggi freschi con muffa: essi vanno immediatamente buttati, anche se vedete solo una macchiolina o poche macchie concentrate su un punto, perché la muffa, complice la grande percentuale di acqua nel prodotto e la sua consistenza molle, sarà purtroppo presente ovunque.
Menzione a parte per formaggi come il gorgonzola in cui la muffa è parte integrante della lavorazione e assolutamente innocua!
Infine, mangiare un formaggio andato a male presenta pericoli importanti, il principale dei quali è quello di intossicazione alimentare con tutti i suoi spiacevoli sintomi e con il rischio di ospedalizzazione nei casi più gravi.
Formaggi biologici certificati
Un’ottima scelta è quella dei formaggi bio certificati. Sono quei formaggi prodotti con latte derivato da allevamento biologico, che non ammette alcuna sostanza sintetica: dai concimi ai pesticidi, tutto deve essere di origine naturale.
Anche la condizione dei bovini è importante nella definizione di formaggio bio: infatti si usa solo latte proveniente da mucche allevate all’aperto, che hanno goduto di una alimentazione equilibrata e a cui sono stati somministrati farmaci solo se necessario e senza eccessi.
Due eccellenze italiane: il Parmigiano Reggiano D.O.P e il Grana Padano D.O.P
Parte della tradizione casearia italiana, protagonisti di pranzi e aperitivi, apprezzatissimi anche all’estero: il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano sono certamente due prodotti irrinunciabili per gli amanti del formaggio!
Si tratta in entrambi i casi di formaggi stagionati che godono del marchio D.O.P. ossia Denominazione di Origine Protetta con cui si attesta che l’intera filiera produttiva si è svolta in determinati luoghi. In effetti questi due magnifici prodotti sono strettamente legati alle loro terre: il Parmigiano Reggiano D.O.P. è prodotto solo nelle province di Parma, Modena, Reggio Emilia e anche in alcune province di Mantova e Bologna, ed è uno dei formaggi a più lunga conservazione (si consiglia una temperatura compresa tra 4°C e 8°C), e più è stagionato più a lungo si conserva!
Il Grana Padano D.O.P. è invece prodotto solo in cinque regioni italiane di Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, ma anche in alcune zone del Trentino Alto-Adige; anch’esso a lunga conservazione, in questo caso a massimo 8°C, ed è un formaggio senza lattosio.